DIALOGO DELLA MODA E DELLA MORTE (e riflessioni sparse)

marzo 21, 2016

Di recente ho dovuto rivedere e rileggere l'opera di Leopardi. Quasi tutta.
Mai letto in vita mia così tanto materiale sul poeta recanatese.
L'insegnante del mio studente deve avere una passione sfrenata per questo autore, perchè Carducci due lezioni, Leopardi 2 mesi!
Avevo letto diverse Operette Morali, alcune studiate e dimenticate, altre facilmente riportate alla memoria con una rilettura veloce, perchè veramente sagaci.
Quella di cui vi voglio parlare oggi non me la ricordavo proprio (e forse non rientrava nei gusti dei miei insegnanti): DIALOGO DELLA MORTE E DELLA MODA.

qui

Moda. Madama Morte, madama Morte.
Morte. Aspetta che sia l'ora, e verrò senza che tu mi chiami.
Moda. Madama Morte.
Morte. Vattene col diavolo. Verrò quando tu non vorrai.
Moda. Come se io non fossi immortale.
Morte. Immortale? Passato è già più che 'lmillesim'anno che sono finiti i tempi degl'immortali.
Moda. Anche Madama petrarcheggia come fosse un lirico italiano del cinque o dell'ottocento?
Morte. Ho care le rime del Petrarca, perché vi trovo il mio Trionfo, e perché parlano di me quasi da per tutto. Ma in somma levamiti d'attorno.
Moda. Via, per l'amore che tu porti ai sette vizi capitali, fermati tanto o quanto, e guardami.
Morte. Ti guardo.
Moda. Non mi conosci?
Morte. Dovresti sapere che ho mala vista, e che non posso usare occhiali, perché gl'Inglesi non ne fanno che mi valgano, e quando ne facessero, io non avrei dove me gl'incavalcassi.
Moda. Io sono la Moda, tua sorella.
Morte. Mia sorella?
Moda. Sì: non ti ricordi che tutte e due siamo nate dalla Caducità?

Morte. Che m'ho a ricordare io che sono nemica capitale della memoria.
Moda. Ma io me ne ricordo bene; e so che l'una e l'altra tiriamo parimente a disfare e a rimutare di continuo le cose di quaggiù, benché tu vadi a questo effetto per una strada e io per un'altra.
Morte. In caso che tu non parli col tuo pensiero o con persona che tu abbi dentro alla strozza, alza più la voce e scolpisci meglio le parole; che se mi vai borbottando tra' denti con quella vocina da ragnatelo, io t'intenderò domani, perché l'udito, se non sai, non mi serve meglio che la vista.
Moda. Benché sia contrario alla costumatezza, e in Francia non si usi di parlare per essere uditi, pure perché siamo sorelle, e tra noi possiamo fare senza troppi rispetti, parlerò come tu vuoi. Dico che la nostra natura e usanza comune è di rinnovare continuamente il mondo, ma tu fino da principio ti gittasti alle persone e al sangue; io mi contento per lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie, dei palazzi e di cose tali. Ben è vero che io non sono però mancata e non manco di fare parecchi giuochi da paragonare ai tuoi, come verbigrazia sforacchiare quando orecchi, quando labbra e nasi, e stracciarli colle bazzecole che io v'appicco per li fori; abbruciacchiare le carni degli uomini con istampe roventi che io fo che essi v'improntino per bellezza; sformare le teste dei bambini con fasciature e altri ingegni, mettendo per costume che tutti gli uomini del paese abbiano a portare il capo di una figura, come ho fatto in America e in Asia; storpiare la gente colle calzature snelle; chiuderle il fiato e fare che gli occhi le scoppino dalla strettura dei bustini; e cento altre cose di questo andare. Anzi generalmente parlando, io persuado e costringo tutti gli uomini gentili a sopportare ogni giorno mille fatiche e mille disagi, e spesso dolori e strazi, e qualcuno a morire gloriosamente, per l'amore che mi portano. Io non vo' dire nulla dei mali di capo, delle infreddature, delle flussioni di ogni sorta, delle febbri quotidiane, terzane, quartane, che gli uomini si guadagnano per ubbidirmi, consentendo di tremare dal freddo o affogare dal caldo secondo che io voglio, difendersi le spalle coi panni lani e il petto con quei di tela, e fare di ogni cosa a mio modo ancorché sia con loro danno.
Morte. In conclusione io ti credo che mi sii sorella e, se tu vuoi, l'ho per più certo della morte, senza che tu me ne cavi la fede del parrocchiano.' Ma stando così ferma, io svengo; e però, se ti dà l'animo di corrermi allato, fa di non vi crepare, perch'io fuggo assai, e correndo mi potrai dire il tuo bisogno; se no, a contemplazione della parentela, ti prometto, quando io muoia, di lasciarti tutta la mia roba, e rimanti col buon anno.
Moda. Se noi avessimo a correre insieme il palio, non so chi delle due si vincesse la prova, perché se tu corri, io vo meglio che di galoppo; e a stare in un luogo, se tu ne svieni, io me ne struggo. Sicché ripigliamo a correre, e correndo, come tu dici, parleremo dei casi nostri.
Morte. Sia con buon'ora. Dunque poiché tu sei nata dal corpo di mia madre, saria conveniente che tu mi giovassi in qualche modo a fare le mie faccende.
Moda. Io l'ho fatto già per l'addietro più che non pensi. Primieramente io che annullo o stravolgo per lo continuo tutte le altre usanze, non ho mai lasciato smettere in nessun luogo la pratica di morire, e per questo vedi che ella dura universalmente insino a oggi dal principio del mondo.
Morte. Gran miracolo, che tu non abbi fatto quello che non hai potuto!
Moda. Come non ho potuto? Tu mostri di non conoscere la potenza della moda.

Morte. Ben bene: di cotesto saremo a tempo a discorrere quando sarà venuta l'usanza che non si muoia. Ma in questo mezzo io vorrei che tu da buona sorella, m'aiutassi a ottenere il contrario più facilmente e più presto che non ho fatto finora.
Moda. Già ti ho raccontate alcune delle opere mie che ti fanno molto profitto. Ma elle sono baie per comparazione a queste che io ti vo' dire. A poco per volta, ma il più in questi ultimi tempi, io per favorirti ho mandato in disuso e in dimenticanza le fatiche e gli esercizi che giovano al ben essere corporale, e introdottone o recato in pregio innumerabili che abbattono il corpo in mille modi e scorciano la vita. Oltre di questo ho messo nel mondo tali ordini e tali costumi, che la vita stessa, così per rispetto del corpo come dell'animo, e più morta che viva; tanto che questo secolo si può dire con verità che sia proprio il secolo della morte. E quando che anticamente tu non avevi altri poderi che fosse e caverne, dove tu seminavi ossami e polverumi al buio, che sono semenze che non fruttano; adesso hai terreni al sole; e genti che si muovono e che vanno attorno co' loro piedi, sono roba, si può dire, di tua ragione libera, ancorché tu non le abbi mietute, anzi subito che elle nascono. Di più, dove per l'addietro solevi essere odiata e vituperata, oggi per opera mia le cose sono ridotte in termine che chiunque ha intelletto ti pregia e loda, anteponendoti alla vita, e ti vuol tanto bene che sempre ti chiama e ti volge gli occhi come alla sua maggiore speranza. Finalmente perch'io vedeva che molti si erano vantati di volersi fare immortali, cioè non morire interi, perché una buona parte di sé non ti sarebbe capitata sotto le mani, io quantunque sapessi che queste erano ciance, e che quando costoro o altri vivessero nella memoria degli uomini, vivevano, come dire, da burla, e non godevano della loro fama più che si patissero dell'umidità della sepoltura; a ogni modo intendendo che questo negozio degl'immortali ti scottava, perché parea che ti scemasse l'onore e la riputazione, ho levata via quest'usanza di cercare l'immortalità, ed anche di concederla in caso che pure alcuno la meritasse. Di modo che al presente, chiunque si muoia, sta sicura che non ne resta un briciolo che non sia morto, e che gli conviene andare subito sotterra tutto quanto, come un pesciolino che sia trangugiato in un boccone con tutta la testa e le lische. Queste cose, che non sono poche né piccole, io mi trovo aver fatte finora per amor tuo, volendo accrescere il tuo stato nella terra, com'è seguito. E per quest'effetto sono disposta a far ogni giorno altrettanto e più; colla quale intenzione ti sono andata cercando; e mi pare a proposito che noi per l'avanti non ci partiamo dal fianco l'una dell'altra, perché stando sempre in compagnia, potremo consultare insieme secondo i casi, e prendere migliori partiti che altrimenti, come anche mandarli meglio ad esecuzione.
Morte. Tu dici il vero, e così voglio che facciamo. 




Vi ho messo tutto il testo per completezza (ma potete anche non saltare le righe se volete) e perchè francamente merita la nostra attenzione.
1824, quasi 200 anni e io mi stupisco sempre della modernità di certe parole e di certi pensieri.
Io non so come mi sento rispetto al fatto che la moda in qualche modo ci tratti come vittime dei suoi scherzetti e che da sempre decida per noi cosa sia giusto e cosa no.
Da un lato è una consapevolezza che mi porto dietro e che trovo imprescindibile, dall'altra mi sento un po' privata della mia libertà di pensiero.
Ci fa morire prima di essere morti!

Sono condizionata, non c'è niente da fare.
Dalle sfilate, dalle riviste, da quello che vedo sul web, da quello che gira per strada.
Io sono totalmente vittima del condizionamento.
Certo, ho dei punti fermi come tutte, ma forse sono solo le cose che la moda fa permanere nel presente e non cose che ho deciso davvero io.
Ad esempio, la maglietta a righe che imperversa nel mio cassetto e nella quale investo fior di quattrini, la amo perchè davvero fa parte del mio stile oppure perchè viene continuamente riproposta e reinventata?
La ricercherei se Rei Kawakubo, Petit Bateau, Chinti, St James o chi per loro smettessero di farla?
Io davvero non lo so. Vorrei poter garantire per me e dire ASSOLUTAMENTE SI', ma ho paura di no.

Un'ultima amara riflessione.
La moda viene detta da Leopardi figlia della caducità.
Ma quanto è vero?
Più prosaicamente, sono stata a fare un giro per outlet di recente e una volta entrata da Gucci, ho visto tutte le cose che avevano sfilato sotto la direzione di Frida Giannini, borse, abiti, scarpe... e ho pensato che fosse tutto VECCHIO. E mi sono anche vergognata (e spaventata) del mio pensiero.
Come se fossimo passati ad un altro livello e che tutto quel lavoro fosse stato privato del valore della permanenza. Lì dentro non c'era nulla che mi desse la sensazione di poter durare. E non volevo niente.
C'erano cose bellissime, e bellissime le avevamo considerate sulle passerelle poco tempo fa... ma ora i nostri occhi sono pieni dei colori di Alessandro Michele e quindi quelle cose sono finite.

Se riflettiamo un attimo su questo momento specifico, tantissime case di moda sono alla ricerca di nuovi direttori artistici, gli stilisti mollano e ricominciano altrove e noi aspettiamo con sempre rinnovata ansia nuove ispirazioni.
Se pensiamo a quali siano le case di moda che non cambiano la direzione (sia in senso di direttrice, sia in senso di chi dirige), sono quelle che riescono a fare tutto diverso ogni volta correndo il rischio (Miuccia Prada) o quelle che non rischiano mai (Chanel), vendendoci sempre una rassicurante versione di una classico.

Probabilmente il mio ragionamento fa acqua da tutte le parti , riguarda solo chi come me è l'ultimo fruitore della lunga catena della moda e mette in luce l'incoerenza dei miei gusti, ma credo che questo momento di autocoscienza sia l'ennesimo passo alla ricerca di uno stile che sia solo mio e che riesca a dire chi sono... considerando il fatto che sono in continua evoluzione...

Un po' troppo per un piovoso lunedì?

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2 commenti

  1. sono sicuramente riflessioni molto intelligenti
    sono stata una grande appassionata dell'opera di leopardi, ha avuto impatto e peso nella mia vita, tuttavia non credo di averlo mai letto come fai tu in questo post.
    niente di male, credimi, ma una riflessione che sento troppo pesante, se riferita alla moda, che è si caducità, ma anche leggerezza ed espressione senza ancoraggio

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    1. Io credo che la mia sia un'interpretazione pesante, perchè in questo momento specifico mi sento un po' oppressa dai condizionamenti. Come te vedo la moda come qualcosa di leggero, in cui perdersi, spesso artistico, ma ora vedo anche la costruzione e la costrizione. Dovrei disintossicarmi e capire a che punto sono davvero!

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