1 di tutto

giugno 16, 2023

Torna a grande richiesta la rubrica del mese "uno di tutto".

1) Un libro: 3 ciotole. Michela Murgia

Ho comprato questo libro il giorno che è uscito e lo stesso giorno l'ho finito.

Mi aspettavo qualcosa di molto autobiografico sulla malattia e invece, pur ritrovando l'autrice in ogni racconto, non è un libro sul cancro. I racconti sono brevi, quotidiani, intrecciati; la connessione può essere palese, ma anche solo accennata.

Troverete una mamma che vive con una cartonato di una pop star coreana nell'armadio, una fidanzata mollata che non riesce più a mangiare e deve trovare un sistema per riuscire a nutrirsi (le tre ciotole sono le sue),  il suo ex fidanzato convinto della sua scelta, ma in conflitto con l'elaborazione della fine della storia, una donna malata che cerca di dare un nome alla sua malattia, una donna che organizza una sorta di mercatino in onore della sorella morta e chiunque partecipi può portarsi a casa un vestito... 

Tutti i personaggi cercano dei rituali per sopravvivere alle cose che capitano loro e credo sia proprio un libro sulla reazione, nessuno soccombe, tutti si ingegnano .

PAGINA 16: "La questione del vomito però non c'entra con il peso. È cominciata una sera che erano da poco passate le undici, quando mi è arrivato il messaggio: "Buonanotte...". Era di quella merda. Se ne era andato da una settimana. Cosa significava quell'uscita improvvisa? Cos'erano quei puntini di sospensione adolescenziali? Ci stava ripensando? Diventava nostalgico dopo il tramonto? Voleva sottintendere che dormiva da solo? (...) Perchè la gente se ne va per non immischiarsi più con te e poi ti scrive cose che implicano almeno la responsabilità di ascoltare la risposta?".

(Mondadori 18€ )




2) Un film: The Banshees of Inisherin. In italiano : Gli spiriti dell'isola.
Avevo sentito parlare di questo film qualche mese fa, ha preso moltissimi premi e la trama mi sembrava interessante.
L'ho visto ieri sera e sono rimasta un po' così, con tante domande. 
Mi è piaciuto? Forse è più corretto dire che non mi è dispiaciuto e qualche cosa me l'ha lasciata. 
Il ritmo è estremamente lento e i toni sono cupi.
L'ambientazione è un'isola al largo (ma non troppo) dell'Irlanda, pochissimi abitanti, tutti ovviamente conoscenti, due uomini sono amici, probabilmente da sempre. Siamo nel 1923.
Uno dei due amici (Colm) decide che non è più interessato all'altro (Pádraic). Quando gli viene chiesto perchè e da cosa dipenda la sua decisione (una parola sbagliata, un commento, o qualcosa di simile) lui risponde che non è successo assolutamente niente, è solo che non gli va più a genio, è troppo noioso e sempliciotto e la vita è troppo breve per perdere tempo con lui e per sottrarne alla sua arte, alla musica e al violino.
L'altro ovviamente non molla, non capisce il perché di una decisione così repentina, si chiede se l'amico non sia depresso, pensa che non possa certo dipendere davvero da lui e quindi insiste.
L' insistenza  di Pádraic porta Colm a formulare un ricatto emotivo di proporzioni assurde: se continui a parlarmi mi taglierò un dito della mano destra e se poi lo farai ancora mi taglierò anche gli altri 4.
Non accetta più nemmeno di essere nella stessa stanza a bere una birra, non tollera la sua presenza.
Non vi svelo come prosegua la storia, ci sono momenti pervasi da uno strano umorismo, ma soprattutto si avverte un avvilimento e una paralisi di tutti gli abitanti (alla Joyce??), forse solo la sorella di Pedraic e Colm sono consapevoli di quanto tutto sia estremamente e pericolosamente fermo.



Mi sono trovata ovviamente a pensare che nessuno lascerebbe un amico dicendogli SEI NOIOSO e STUPIDO, SEI CAPACE DI PARLARE DELLA CACCA DELLA TUA ASINELLA PER DUE ORE, ma spesso vorremmo interrompere i rapporti con qualcuno perchè semplicemente non ci corrisponde più. Ma riusciremmo a farlo in modo così brutale e onesto? Oppure ci si aspetta che l'altro capisca dai segnali di indisponibilità che mandiamo? 


3) Un serie: Platonic



Ho ripreso Workin' mums, sto finendo Grey's anatomy (lasciatemi stare che piango come se fosse la prima volta che lo vedo) e Station 19 (iniziata solo perchè ero orfana di Grey's anatomy), ho finito Ted Lasso e ovviamente ci sono le Kardashians, ma avevo bisogno di una cosa nuova e l'ho trovata: Platonic su Apple+.
Sylvia (Rose Byrne) e Will (Seth Rogen) sono una coppia di ex amici, sui 40, che dopo aver litigato (perchè a Sylvia non piaceva la moglie di Will), finiscono per rivedersi e riavvicinarsi.
Silvya è un ex avvocato che ha deciso di fare la mamma e occuparsi dei tre figli avuti con il marito Charlie, mentre Will è il proprietario di pub-birreria a Los Angeles ed è divorziato da poco.
Il loro primo incontro è bizzarro e freddo, poi qualcosa succede ed è come se i vecchi meccanismi familiari ricominciassero senza nessuno sforzo.
Si capisce che il loro legame era fortissimo e molto esclusivo e nel presente non può che essere destabilizzante: si aiutano, si capiscono e si leggono nel pensiero in un modo unico.
Per ora sono alla puntata 5 e non c'è stato un solo momento in cui la situazione sia stata strana o ambigua, ma si avverte un'affinità che farebbe ammattire qualsiasi marito o moglie, anche il più figo e il più sicuro.
Ovviamente citano Harry ti presento Sally e io ho anche pensato che se questa serie fosse girata a NY e non a Los Angeles, sarebbe perfetta.

4) Una borsa: Khaite Medium lotus tote.

the medium lotus tote


2650€, ma veramente carina e di classe. Un giorno tutti ci sveglieremo e scopriremo che questi prezzi erano solo un'allucinazione collettiva.
Esiste anche in versione mini:

1590€ in blu suede


5) Un paio di scarpe: Tabi di Margiela.



Questa volta non le menziono perchè mi piacciono (non le comprerei mai e le apprezzo solo su certe persone - vedi Clio Bargellini-), ma perchè su TikTok stanno letteralmente spopolando e non sono sicura che sia una cosa giusta.

In realtà non è una questione di giusto o sbagliato, ma so che queste scarpe sono così particolari che non possono davvero piacere a tutti e diventare main stream. Non sono un paio di Valentino, o un paio di ciabattine di Hermes che più o meno vanno con tutti gli stili, qui di parla di una cosa nata nel 1989 e che si ispira a calzature tradizionali giapponesi del XV secolo e che richiede un look intorno che non può assolutamente essere una cosa da tutti... e allora perché diventa "da tutti"?

Non è che quelle che le comprano, pensano di acquistare anche un patentino di coolness insieme alle scarpe?

Sono tutta orecchie, spiegatemelo!









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1 commenti

  1. Vale, devo ammettere che le Tabi mi catturano da anni, specialmente lo stivaletto col tacco largo e basso...le comprerei subito se non costassero un rene...quelle sono carinissime e mio gusto, la ballerina la lascio al popolo asiatico...confermo, non credo sia una calzatura adatta a tutte!

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