Vanity sizing

giugno 08, 2021



Sono in ritardo, lo so, ma mi sono organizzata male. Nessuna scusa.

Lo so che a voi non cambia/frega niente, ma mi sono data un impegno e detesto non portarlo a termine.

Settimana scorsa sono stata in centro a comprare dei regali e sono stata per la prima volta in un negozio vintage a Firenze.
Ci ho messo solo 15 anni a capire dove comprare i Levi's 501 vintage, direi che sono piuttosto brillante, no?
In fondo bastava cercare su google e segnare su un bigliettino le varie opzioni, ma non so perché mi sembrasse un'impresa titanica.
Tenendo conto della mia scarsa capacità di orientarmi ovunque, ho scelto un negozio in una via che conosco. 
E voi direte: se conosci la via, come hai fatto a non vedere il negozio in questione?
Perché semplicemente arrivavo qualche civico prima, dove c'è il ristorante "La Menagere", e poi tornavo indietro su strade conosciute.
Questa volta mi sono detta che era il caso di provare a fare altri 50 metri e buttarmi nell'ignoto.

Il negozio si chiama MELROSE VINTAGE ed è un piccolo favoloso mondo. 



Io non sono capace di scegliere il vintage. 
Non so distinguere una cosa vecchia e malconcia da un piccolo affare d'oro.
C'è chi ha fiuto e capacità, io no.
Appena entrata avrei comprato tutto, i miei occhi si sono posati sulle camicie da bowling anni 50, con le scritte delle squadre ricamate dietro e sui kimono in seta, ma il mio obiettivo erano nuovamente dei jeans, quindi sono andata dritta alla parete dei 501.
Quando vi dico parete, intendo proprio un intero mobile a quadrotti in legno con tutti gli scomparti pieni zeppi di jeans, dalle taglie più piccole alle più grandi, in tutti i colori e in tutte le lunghezze.
Ogni jeans era perfettamente piegato, con l'etichetta ben visibile e sull'etichetta c'erano scritti: la taglia, il paese di provenienza e il prezzo.
I prezzi vanno da 45 a 60€ circa (per quello che cercavo io).
Ricordavo perfettamente (visto che anche io sono vintage) che i 501 vecchi  hanno una vestibilità completamente diversa. In pratica una 27 di quelli di oggi, corrisponde almeno ad una 30 di quelli anni 90. 
Ho scelto il primo paio e l'ho provato, mi stava, esattamente come ricordavo, ma lo volevo più largo, più comodo sui fianchi (come lo portavo io).
Ho deciso allora  di non scegliere più in autonomia, ma di affidarmi alla commessa.
Ho fatto bene, perché mi ha proposto due paia che non avevo nemmeno guardato.
Mi ha spiegato che ci sono differenze sostanziali  fra i paesi in cui è prodotto il jeans, l'anno in cui è fatto, il colore e la tela che è stata impiegata.
Quindi fra un 501 blu scuro, fatto in Bangladesh, nel 2008 e un 501 più chiaro, fatto in Croazia, nel 1998 ci sono diversi centimetri.
Io ero totalmente affascinata dal suo sapere e le ho chiesto: come fai a distinguerli quando ti arrivano? 
E lei con tutto il candore, privo di vanità, che solo i giapponesi possono avere, mi ha risposto: sono una professionista.
Hai ragione, amica, ad ognuno il suo lavoro!

Quindi alla fine ho preso un paio di jeans che sono stati accorciati e stretti leggermente, che riportavano sull'etichetta originale 31/32, ma sull'etichetta del negozio 30/28. In pratica chi ha venduto quei jeans era fatta esattamente come me!
Ho affiancato quei 501 a quelli comprati nel 2015 (credo) e non c'è paragone per il peso della tela.

Tornata a casa ho riflettuto molto su quello che vi avevo scritto qualche tempo fa sui jeans e sul complesso che avevo a proposito della taglia. Mi facevo tantissimi problemi perché non entravo in una 27-28 e poi quando ci sono entrata non mi sentivo come pensavo mi sarei sentita.
Ero totalmente dipendente da quella cavolo di etichetta, non capendo che non era il numero il problema, ma il mio cervello.

Mi sono però chiesta perché quella che nel 1995 era una 30, sia in realtà una 27 nel 2021.
Perché Current Elliott mi vende jeans in taglia 24, che corrisponde alla 27 di altre marche che poi corrisponderebbero comunque alla 30 di 30 anni fa?

Quale è il giochino subdolo che ci sta sotto?
Ho fatto qualche ricerca e ho scoperto che questo gioco ha un nome ed è VANITY SIZING.
  1. Vanity sizing: the practice of assigning smaller sizes to articles of manufactured clothing than is really the case, in order to encourage sales.

In pratica chi produceva abbigliamento qualche anno fa si era reso conto che era frustrante acquistare abiti in taglie grandi e spesso era anche un deterrente a farlo e quindi ha calato di 3 o 4 numeri la taglia.

Vi dico la verità, non so se mi sento più presa in giro adesso a sapere che le taglie piccole non sono realmente taglie piccole, oppure indignarmi perché era ingiusto che le taglie fossero così strette e poco inclusive da costringere i produttori ad un cambio di prospettiva.
Mi sembra che abbiamo giocato sporco con le nostre debolezze.

Se la finalità non fosse stata quella del VENDERE di più, ma quella di essere una specchio di come sono  realmente le donne e vestirle per quelle che sono, sarebbe quasi ammirevole.

Mi chiedo però se la vera rivoluzione non sarebbe renderci totalmente emancipate dalla taglia.
Perché siamo ossessionate dalla taglia? Perché siamo ossessionate dal corpo? Perché invece di lavorare sul fuori, non lavoriamo sul dentro e sull'accettazione di sé? 
Non sarebbe bellissimo comprare ciò che ci sta bene a prescindere dalla misura?
E non sarebbe bello se la taglia fosse solo un numero convenzionale e non un metro di giudizio?

Quando sento storie di ragazze che si sentono giudicate da commesse sprezzanti che le guardano pensando con orgoglio di non avere nulla in negozio per loro, mi vengono i brividi, perché il fatto di non poter vestire tutte, dovrebbe essere un motivo di fallimento e non di vanto.


In the 1950's Marilyn Monroe was a size 12 which is now equivalent to what we consider a size 4. How's that for vanity sizing.








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3 commenti

  1. Questo spiega perchè quando sono andata a provare una 25 Levi's come un mio vecchissimo paio sono poi uscita con la 23 (totalmente normopeso, mica una modella). Grazie!

    Marghe

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    Risposte
    1. esattamente per quello! Tu sei la stessa, ma i numeri cambiano e lo fanno perché pensano che ci faccia sentire meglio... ma è davvero così?

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